“The Investigation”, il crimine raccontato con un taglio umanistico

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Tratta da un fatto di cronaca, la fiction danese “The Investigation” rompe gli schemi delle serie televisive crime tradizionali.

C’è qualcosa che turba nell’anima, in ogni scena di “The Investigation”, la serie televisiva danese – su Sky e Now Tv – che ripercorre il caso della giornalista svedese Kim Wall, uccisa nell’agosto 2017 da un imprenditore, mentre era sul sottomarino di quest’ultimo.

La vicenda fu soprannominata “il giallo del sottomarino”. E già questo modo di denominare il caso induce a riflettere.

Sulla serie “The Investigation” ho già scritto un’analisi che mette sotto una lente critica il modo di fare investigazione della Squadra Omicidi di Copenaghen, che si è occupata del caso di Kim Wall.

Qui voglio leggere questa serie televisiva, che vede al centro l’investigatore Jens Møller, capo della Squadra Omicidi, da un altro punto di vista.

Ci tengo a rimarcare come – finalmente – si possa raccontare con umanità, profonda e dolente, il crimine e la giustizia.

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La giornalista Kim Wall, uccisa nel 2017 mentre era sul sottomarino artigianale di Peter Madsen, imprenditore e inventore

Il caso della giornalista scomparsa e uccisa

L’omicidio di Kim Wall venne commesso l’8 agosto 2017 nella baia di Køge, in Danimarca.

Proprio in Danimarca è stato trattato dai giornali ed è conosciuto come “il giallo del sottomarino”.

La vittima era una giornalista freelance svedese, di 30 anni.

Venne uccisa durante un viaggio con Peter Madsen, un imprenditore, a bordo del suo sommergibile tascabile.

Il suo corpo fu smembrato e gettato in mare.

Il 25 aprile 2018, Madsen è stato dichiarato colpevole di omicidio e condannato all’ergastolo dal tribunale di Copenaghen.

Le persone che ricevono una condanna a vita, in Danimarca, possono chiedere di essere sentite, dopo 12 anni, per ottenere la liberazione dal carcere.

Se l’udienza davanti ai giudici ha esito positivo, il ministro della Giustizia (o qualcuno autorizzato dal ministro) concede la grazia al condannato, preceduta da un periodo di libertà condizionale fino a cinque anni.

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L’approccio narrativo di “The Investigation”

“Ho visto molti film e serie poliziesche, anche caso realmente accaduti”, spiega il regista di The Investigation, Tobias Lindholm, in un’intervista al magazine Esquire. “Quello che ho capito è che le storie basate su crimini realmente accaduti, per loro natura si focalizzano sui modi in cui i crimini sono stati commessi”.

“Abbiamo allora deciso di provare a creare questa piccola nicchia chiamata vera investigazione“, fa notare il regista e sceneggiatore danese. “Ci siamo preoccupati di concentrarci, e di essere altrettanto dettagliati e affascinanti, non sul crimine ma sulle indagini”.

Di qui la scelta del regista di non menzionare mai l’autore dell’omicidio di Kim Wall.

“Ho sentito che quella storia era già stata raccontata così tante volte che non aveva bisogno di essere raccontata di nuovo”, spiega il regista di The Investigation. “Ed è per questo che ho iniziato a pensare a come cambiare quella prospettiva”.

Vi è stata, insomma, la scelta consapevole di superare gli stilemi della narrazione poliziesca nordica.

Quella narrazione dove viene trovato un corpo morto. All’80% è di sesso femminile. C’è poi un investigatore, un certo ambiente in cui si colloca la vicenda e l’insistere su quanto è accaduto alla vittima.

Se vi è poi un sospettato, lo si passa al setaccio. Lo si indaga a fondo.

Nulla di tutto questo troviamo in The Investigation.

Nella serie televisiva sul caso della giornalista Kim Wall, non si mostra mai il sospettato – poi giudicato colpevole – Peter Madsen. Non lo si fa vedere; né lo si chiama mai per nome.

Anche la vittima non viene mostrata. Kim Wall compare solo dopo la fine del film, in una foto dove le si rende omaggio.

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Jens Møller, il capo della Squadra Omicidi di Copenaghen, interpretato in modo convincente dall’attore Søren Malling

Il protagonista Jens Møller, capo degli investigatori

L’eroe che combatte una battaglia al limite dell’impossibile è Jens Møller, il capo della Squadra Omicidi di Copenaghen.

E’, di fatto un anti-eroe. Mostra tutto lo smarrimento e le fragilità di un uomo che si rende conto di combattere a mani nude contro un criminale.

Il criminale usa la menzogna, l’inganno, il depistaggio a suo favore. Approfitta delle giuste garanzie che anche il peggior criminale deve avere.

Tocca alla Polizia e al magistrato inquirente dimostrare che il sospettato è un assassino. E che è colpevole.

Non tocca al sospettato dimostrare la propria innocenza, come qualche magistrato inquirente crede di poter pretendere.

Jens Møller è anche l’anti-poliziotto.

E’, di fatto, un uomo onesto, dai mezzi – anche personali – limitati per cogliere a fondo il dramma e l’orrore su cui si trova ad indagare.

In tutta la narrazione, sentiamo prepotente il suo smarrimento.

La fotografia fredda e coinvolgente della serie televisiva The Investigation, il ritmo lento dei passaggi di scena, il lavoro lento ma fattivo e produttivo di ogni momento d’indagine sottolineano il dolore muto di Jens Møller.

Non è un caso che il regista abbia scelto – come sottotrama – di raccontare il controverso rapporto fra il capo della Squadra Omicidi con la figlia Cecilie.

Vi è il dolore silenzioso e disperato – nel capo degli investigatori Jens Møller e nel padre della giornalista Kim Wall – che possiamo rinvenire nel film I segreti di Wind River.

Anche ne I segreti di Wind River abbiamo un padre toccato nel profondo dalla perdita di una figlia; e un amico che sa cosa significhi il dolore assoluto della perdita di una figlia.

Sono il padre di una figlia femmina e so cosa significhi la perdita di una figlia-

Ho colto – nel film Wind River e nella serie televisiva The Investigation – quel dolore assoluto che si associa alla perdita di una figlia.

E’ il dolore assoluto che deve aver provato Arturo Sutter di fronte alla perdita di Milena, nel caso del cosiddetto “biondino della spider rossa”.

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A sinistra, la giornalista Kim Wall, uccisa a 30 anni, da Peter Madsen, a destra, in quello che è stato chiamato dalla stampa il “giallo del sottomarino”

The Investigation. Cosa ci insegna la serie Tv sul caso di Kim Wall

Cosa ci insegna The Investigation? Ci insegna l’approccio umanistico alle “crime stories”. Qualcosa di visto assai poco.

Non mi è mai capitato di commuovermi, nel profondo dell’anima, davanti a una serie televisiva costruita su una storia criminale.

Non mi è capitato neppure in quel dramma senza limiti che è The Keepers, sull’omicidio di una suora e di una studentessa, a Baltimora, nel 1964, nell’ambito di un caso di molestie sessuali a danni di minori da parte di preti cattolici.

Il film I segreti di Wind River mi ha ammutolito. E con me  ha ridotto a un imbarazzato silenzio tutto il pubblico in sala.

Ma non mi ha commosso che la serie televisiva The Investigation.

Perché? Perché nella figura del capo della Squadra Omicidi, nel suo disorientamento di fronte all’orrore, messo in scena in un sottomarino, mi sono potuto riconoscere.

Tutti noi possiamo riconoscerci in quell’anti-Eroe: nei suoi limiti, nella sua impotenza, nel suo sentirsi estraniato, in quel senso di incredulità che un crimine machiavellico deve farti provare.

Credo che l’anti-Eroe Jens Møller abbia colto la complessità, impossibile da misurare, di ciò che sta dietro l’omicidio di Kim Wall.

Per questo The Investigation ha l’estensione di un dramma che non conosce termine.

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Anche se non avrà una seconda stagione, questa serie televisiva proposta da Sky e NowTv si porterà sempre dietro un retro-pensiero: c’è qualcosa di inspiegato e da scoprire nella tragica fine della giornalista Kim Wall.

Quel senso di incompiutezza lo troviamo anche nella vicenda di Milena Sutter (Genova, 1971) a cui è dedicata una sezione di questo magazine.

In entrami i casi giudiziari – quello di The Investigation e quello Sutter-Bozano – vi è qualcosa di inspiegato che ci porta, come i sommozzatori alla ricerca del corpo e della verità su Kim Wall, a tuffarci di continuo nella ricerca di una risposta definitiva.

L’insegnamento che ci viene dalla serie televisiva danese The Investigation è chiaro, potente: è possibile fare cinema, è possibile scrivere una serie televisiva sul crimine da una prospettiva umanistica.

Il lato umano non è all’opposto della narrazione, certo coinvolgente e sconvolgente, del crimine e della giustizia.

Come titola il New York Times in un articolo sulla serie televisiva, The Investigation rappresenta la ricerca e la rappresentazione dell’umanità nella storia sull’omicidio della giornalista Kim Wall.

Secondo l’autorevole magazine Rottent Tomatoes, la serie Tv The Investigation ha ottenuto il 70% di gradimento dal pubblico e l’83% dalla critica cinematografica.

Come sottolinea Rotten Tomatoes “sebbene non tutte le sue innovazioni riscuotano successo, l’attenzione deliberata di The Investigation sulle conseguenze di un crimine atroce evita, con successo, il sensazionalismo. Mentre offre intuizioni che fanno riflettere sulla dura realtà della ricerca di giustizia”.

Kim Wall, giornalista, serie televisiva The Investigation - blog Il Biondino della Spider Rossa - Agenzia Corte&Media

La serie televisiva The Investigation è, insomma, un degno omaggio a una grande giornalista quale era – a soli trent’anni – Kim Wall.

Nella serie tv The Investigation non vi è la ricerca del consenso popolare. Non vi è la suspance e il ritmo seducente del tradizionale genere crime.

Nella serie televisiva sulla giornalista Kim Wall vi è la ricerca del lato umano del dramma.

E’ una ricerca lenta e che si spinge anche là dove – come accade nel crimine – spesso non vengono fatti racconti rispettosi di quanto di umano, di profondamente umano vi è nell’essere vittima di azioni delittuose.

Maurizio Corte